Scende la produzione termoelettrica (-18 TWh) ma la domanda di gas è attesa in linea con il Pniec, così come le Fer. Pun in crescita a 69,4 €/MWh al 2040 (spinto dall’area Nord)

Elettricità/gas, i nuovi scenari congiunti di Snam e Terna

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La premessa è che “una cosa sono gli scenari e un’altra sono le previsioni”, come spiegato a QE dal responsabile Strategie di sviluppo rete e dispacciamento di Terna, Francesco Del Pizzo. Anche perché nel primo caso “si tiene conto anche di obiettivi di policy dati, come le strategie energetiche del Paese”. Nondimeno, i nuovi scenari congiunti del Tso elettrico e di Snam offrono molte indicazioni interessanti sul futuro energetico del Paese.

Il documento, che fa seguito a quello del settembre 2019, è stato pubblicato a inizio febbraio 2021 e ottempera alla richiesta dell’Arera di tenere in considerazione anche le ipotesi contenute nello scenario National Trend sviluppato da Entos-E ed EntsoG per il Ten Year Network Development Plan (Tyndp) 2020, opportunamente modificate per tenere conto di eventuali ipotesi migliorative e aggiornamenti a dati più recenti.

Tra i punti d’attenzione sollevati dall’Autorità c’erano in particolare le differenze riscontrate sui risultati di importazione/esportazione di energia elettrica e di generazione di energia elettrica in Italia e, conseguentemente, sulle previsioni di stima di domanda gas, soprattutto con riferimento alla generazione termoelettrica.

Da questo punto di vista, il nuovo scenario denominato National Trend Italia (NT Italia) evidenzia una riduzione della produzione termoelettrica attesa, soprattutto per il 2030 (118 TWh nel Pniec, 100 TWh nel NT Italia). “Un taglio consistente – sottolinea del Pizzo - che fa scendere il gas sotto il 30% del mix complessivo al 2030, contro il 50% del 2019”.

Da cosa deriva tale modifica? Soprattutto dalla revisione al rialzo dei flussi di import al 2025 (42,8 TWh vs 38,2 TWh al 2019), in particolare per la crescita della capacità di interconnessione (a partire dai 1.200 MW con la Francia e dai 300 MW con l’Austria) e per la valutazione dei prezzi sul mercato europeo che rendono competitivi gli impianti a lignite e a carbone in Germania e nell’area balcanica.

Che impatti può avere tale nuovo scenario sul rapporto di adeguatezza del sistema che dovrà essere varato da Terna a inizio maggio, e quindi sulla capacità gas da mettere ad asta nel prossimo capacity market?

“Va innanzitutto precisato che il rapporto di adeguatezza si ferma al 2025 – rimarca Del Pizzo – e che il capacity serve soprattutto a coprire i 7 GW di carbone che saranno dismessi entro quella data. Detto questo, occorre precisare la differenza tra scenario in potenza e in energia, perché le logiche di valutazione sono diverse. So che potrebbe sembrare facile concludere che con il capacity si pagano impianti per non produrre ma per le esigenze di sicurezza del sistema bisogna tenere conto del carico di punta, che arriva dopo il tramonto, ossia quando non c’è l’apporto del solare”.

Sotto questo profilo, il documento evidenzia una crescita delle Fer in linea con il Pniec, seppure con “alcuni aggiustamenti sulla producibilità delle singole fonti”. In particolare, tra il 2019 e il 2040 si prevede una crescita costante delle rinnovabili non programmabili in termini di capacità installata, che raggiungono i 64 GW per il solare e 25 GW per l’eolico (di cui circa 4,2 GW offshore) al 2040. L’atteso aumento di capacità rinnovabile non programmabile “comporta crescenti esigenze di flessibilità, che si traducono nella necessità di mantenere intorno a 54 GW la capacità di impianti termoelettrici programmabili su tutti gli anni orizzonte”, rimarca il report.

Nell’arco temporale che va dal 2030 al 2040 “il combustibile di alcuni impianti viene convertito da gas fossile a gas verde”.

A questo proposito, il biometano è previsto raggiungere i 7 miliardi di metri cubi nel 2040, mentre l’idrogeno verde arriverà a 3,9 miliardi di metri cubi (metano equivalente) al 2040.

Più in generale, la domanda di gas per il settore termoelettrico è attesa in linea con il dato Pniec, malgrado il calo atteso della produzione delle centrali. Tale risultato, si legge, “è conseguenza di un’approfondita analisi dei rendimenti del parco termoelettrico attuale e prospettico”. In particolare, Terna e Snam hanno verificato che, per il parco termoelettrico cogenerativo, le ipotesi di miglioramento tecnologico sottese al Pniec “risultavano eccessivamente ottimistiche rispetto a quanto la realtà stia dimostrando”. Per questo motivo “si sono adottati come riferimento i dati storici statistici di cui Terna stessa è responsabile, attraverso una analisi di correlazione storica tra produzione e rendimento opportunamente proiettata sugli scenari futuri, caratterizzati da un esercizio del parco termoelettrico sempre più discontinuo ed intermittente”.

La domanda di gas complessiva si mantiene sopra i 60 miliardi di metri cubi anche oltre il 2030. Al 2025 si attesterà a 72,2 mld mc per poi scendere a 62,3 mld mc al 2030 e a 60,6 mld mc al 2040. La riduzione si osserva soprattutto negli usi finali del gas in accordo con il progressivo incremento dell’efficienza energetica e con la penetrazione di tecnologie più efficienti, in particolare nel settore dei trasporti e nel settore residenziale.

Venendo infine ai prezzi elettrici, il Pun passa dai 52,3 €/MWh del 2019 a 55 € nel 2025, 56,5 € nel 2030 e 69,4 € nel 2040.

Previsto “un aumento della differenza di prezzo tra le zone di mercato, con le zone Nord e Centro-Nord che presentano prezzi più alti rispetto alle altre”. Oltre all’aumento delle commodities che comportano un rialzo generale, i driver che concorrono alla crescita del delta tra le zone sono: l’aumento della domanda generalizzato su tutte le zone e legato all’elettrificazione dei consumi; l’incremento delle rinnovabili in tutte le zone che però al Sud e nelle isole crescono più velocemente della domanda, grazie anche ad una producibilità più alta. In Sicilia ciò comporta che l’aumento del prezzo medio zonale nel 2040 risulti contenuto.

Il progressivo aumento nel Nord e Centro-Nord è dovuto alle dismissioni degli impianti nucleari in Francia e a carbone in Germania che provocano un aumento dei prezzi nei paesi confinanti.

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